Diritto di ritenzione e assegnazione del bene al creditore
Il creditore, in determinati casi, può trattenere un bene che dovrebbe restituire al proprietario fino a che questi non adempia ai suoi obblighi, e può anche rivalersi sul bene medesimo.
In particolare, i crediti per le prestazioni e le spese relative alla conservazione o al miglioramento dei beni mobili hanno privilegio sui beni stessi, a condizione che questi si trovino ancora presso chi ha fatto le prestazioni o le spese (art. 2756 cod. civ.). E in tal caso il creditore:
– finché non è soddisfatto il suo credito, ha il diritto di ritenere il bene;
– può anche venderlo secondo le norme previste per la vendita del pegno.
La vendita del pegno, disciplinata dagli artt. 2796 e 2797 cod. civ., costituisce una procedura speciale (cosiddetta “esecuzione privata”), alternativa all’esecuzione forzata e particolarmente snella, per la quale non è richiesto un titolo esecutivo né è previsto l’intervento del Giudice. In sintesi, il creditore notifica al debitore un’intimazione a pagare con l’avviso che, in mancanza, si procederà alla vendita del bene; se il debitore non propone opposizione, il bene può essere direttamente venduto al pubblico incanto o, se esso ha un prezzo di mercato, anche a prezzo corrente a mezzo di persona autorizzata. Dottrina e giurisprudenza considerano la vendita del pegno una forma di autotutela esecutiva a carattere negoziale.
La sentenza n. 2524/2014 del Tribunale di Vicenza, qui presentata, affronta la particolare vicenda di un riparatore non pagato dal cliente per un intervento su una cassa scarrabile.
Esercitato il diritto di ritenzione e notificata l’intimazione, il riparatore non procedeva alla vendita, bensì promuoveva contro il debitore un giudizio civile, chiedendo al Tribunale l’assegnazione del bene in pagamento (art. 2798 cod. civ.).
L’assegnazione del bene dato in pegno costituisce una facoltà riconosciuta al creditore pignoratizio, alternativa alla vendita, da esercitarsi mediante domanda all’Autorità Giudiziaria; competente è il Giudice della cognizione, e non quello dell’esecuzione, così da evitare elusioni al divieto di patto commissorio (art. 2744 cod. civ.).
La particolarità del caso sta proprio nella richiesta di assegnazione, poiché, a rigore, l’art. 2756 cod. civ. contempla solo la possibilità di vendita.
Istruita la causa e disposta una consulenza tecnica per stimare il valore della cassa scarrabile, il Tribunale accoglieva la domanda del riparatore e dunque gli assegnava il bene fino alla concorrenza del debito, degli interessi e delle spese.
Come chiarito in sentenza:
- dopo l’intimazione di pagamento, il debitore non aveva proposto opposizione nel termine di legge;
- con ciò, e col deposito delle fatture impagate, il riparatore aveva sufficientemente provato il proprio credito;
- nella perizia di stima, il consulente nominato dal Giudice aveva confermato che il bene si trovava ancora presso la sede del riparatore, cosicché il privilegio era mantenuto;
- la ritenzione del creditore privilegiato è assimilata ex lege alla detenzione del creditore pignoratizio; perciò, il rinvio dell’art. 2756 cod. civ. alla vendita del pegno è da ritenersi comprensivo della facoltà di chiedere l’assegnazione del bene ex art. 2798 cod. civ.;
- dunque, in base al combinato disposto degli artt. 2756, 2797 e 2798 cod. civ., la domanda di assegnazione era fondata.
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