Giusto prezzo della merce e prezzo normalmente praticato dal venditore
Se le parti di una compravendita omettono di determinare espressamente il prezzo dei beni ceduti, il Codice Civile supplisce a tale carenza – in base al principio generale di conservazione del contratto – individuando, all’art. 1474, tre criteri legali per la sua determinazione: il prezzo normalmente praticato dal venditore; il prezzo di borsa o di mercato; il giusto prezzo.
Sulla base di questi criteri le parti possono ricorrere all’autorità giudiziaria per il pagamento del corrispettivo, come nel caso che segue.
Una s.r.l. scopriva che un proprio ex amministratore, in conflitto di interesse, nel corso del tempo aveva venduto e consegnato varie partite di merci ad altra s.r.l., di cui egli era parimenti amministratore; molte delle vendite si erano susseguite senza un formale contratto, senza sottoscrizione dei documenti di trasporto e senza emissioni di fatture.
A quel punto, operate le necessarie verifiche, la venditrice emetteva una fattura di vendita per le partite ancora aperte; poi, a fronte dell’insoluto, chiedeva in giudizio la condanna al pagamento del dovuto. La s.r.l. si opponeva alla domanda attorea, in particolare contestando la consegna degli articoli e l’ammontare delle somme richieste.
Il Tribunale di Padova, sentiti i testimoni e disposta una consulenza tecnica sui prezzi praticati, con sentenza n. 117 del 17 gennaio 2024 dava ragione alla venditrice, condannando l’acquirente al pagamento della fattura, oltre a interessi e spese di lite.
In particolare, per il Giudice:
- la consegna delle merci, presso la sede della venditrice, era confermata dai testimoni;
- stando alle testimonianze, e dato che le due società operavano nel medesimo settore, le parti avevano inteso concludere, volta per volta, delle vendite al “giusto prezzo”; perciò, in base all’art. 1474 cod. civ., e al rinvio operato dal comma 3, occorreva fare riferimento al “prezzo normalmente praticato dal venditore”;
- il consulente tecnico nominato dal Tribunale aveva verificato che i prezzi indicati in fattura erano in linea – e anzi leggermente inferiori – rispetto sia a quelli praticati per identici beni dalla venditrice alla propria clientela, sia ai listini di aziende concorrenti;
- perciò quello indicato in fattura era effettivamente il “giusto prezzo”, inteso come “prezzo normalmente praticato dal venditore”, e le somme richieste in pagamento erano senz’altro dovute.
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