Intestazione fiduciaria di immobili: domanda di retrocessione, arricchimento senza causa e risarcimento del danno
Nel corso del rapporto di convivenza, una coppia procedeva a più operazioni di acquisto immobiliare, con accensione e chiusura di diversi finanziamenti bancari.
Interrotto il rapporto sentimentale, l’uno agiva in giudizio contro l’altra, nonché contro il padre e il fratello di lei, lamentando: che le intestazioni degli immobili (alla compagna e ai suoi parenti) erano fittizie; che la provvista per gli acquisti proveniva da lui solo; che gli accordi fiduciari tra le parti prevedevano che i beni fossero a lui retroceduti una volta concluse le operazioni immobiliari. Chiedeva dunque al Tribunale di Vicenza il trasferimento a se stesso delle quote di proprietà degli immobili o, in subordine, la restituzione delle somme impiegate per gli acquisti (in quanto costituenti arricchimento senza causa), oltre al risarcimento del danno.
Tutti i convenuti si costituivano in giudizio, opponendosi alle domande avversarie. La convenuta chiedeva inoltre all’attore la restituzione di alcune somme concesse in prestito, da lei versate con assegni e bonifici bancari.
A quel punto, nella prima memoria autorizzata, l’attore chiedeva l’ulteriore condanna dell’ex compagna al pagamento della metà dei canoni locativi percepiti per uno degli immobili.
Depositate le memorie di rito ed espletata la prova testimoniale, con la sentenza n. 755 del 13/04/2016, qui pubblicata, il Tribunale respingeva le domande dell’attore nei confronti di tutti i convenuti; respingeva la domanda della convenuta nei confronti dell’attore; dichiarava inammissibile la domanda attorea svolta in corso di causa; compensava le spese legali fra l’attore e la convenuta; condannava l’attore a pagare le spese legali ai parenti della convenuta.
In sintesi, ricondotta la domanda attorea nell’alveo della cosiddetta intestazione fiduciaria di immobile, il Giudice rilevava: che in materia immobiliare vige il principio di obbligatorietà della forma scritta; che il patto fiduciario è equiparabile al contratto preliminare, per il quale è necessaria la stessa forma del contratto definitivo (art. 1351 cod. civ.); che dunque anche il patto fiduciario doveva consistere in un atto scritto; che al contrario, nel caso di specie, gli asseriti accordi non risultavano da alcun atto scritto.
Anche la domanda subordinata di arricchimento senza causa andava rigettata, poiché essa per legge ha natura sussidiaria (art. 2042 cod. civ.), e dunque non può essere esperita per rimediare all’infondatezza della diversa domanda prevista dall’ordinamento. Da ciò derivava anche il rigetto della richiesta risarcitoria.
Per contro, neppure la domanda di restituzione del prestito promossa dalla convenuta contro l’attore poteva essere accolta, poiché gli assegni bancari e i bonifici costituiscono tipicamente un mezzo di pagamento, e di per sé non provano l’avvenuta stipulazione, a monte, di un contratto di mutuo.
Infine, la domanda svolta dall’attore in corso di causa doveva dichiararsi inammissibile, poiché proposta – tardivamente – solo nella prima memoria autorizzata (art. 183, comma 6, n. 1 cod. proc. civ.).
Clicca qui per il provvedimento:
Commenti recenti