Locazione commerciale e risoluzione per inadempimento del conduttore
Con la sentenza n. 1321 del 10 giugno 2021 il Tribunale di Vicenza affronta diverse questioni, sia processuali che sostanziali, relative al pagamento del canone nelle locazioni commerciali.
Nel caso di specie, ricevuta l’intimazione di sfratto per morosità, la società conduttrice dell’immobile si costituiva in giudizio per opporsi alla convalida, contestando le somme pretese dal locatore ed eccependo la prescrizione quinquennale (art. 2948 cod. civ.) di una parte dei canoni.
Alla prima udienza il Giudice ordinava al conduttore il pagamento delle somme non controverse; quindi, intervenuto il tempestivo pagamento, disponeva la prosecuzione della causa e il mutamento del rito, con passaggio dalla fase sommaria a quella di cognizione piena (art. 666 cod. proc. civ.). Infine, depositata solo dal conduttore la memoria integrativa (art. 426 cod. proc. civ.) e discussa la causa, il Tribunale da un lato condannava il conduttore a pagare i canoni ancora dovuti, ma dall’altro rigettava la domanda del locatore di risoluzione contrattuale e di rilascio dell’immobile; con compensazione integrale delle spese legali.
La pronuncia chiarisce che:
- nella fase sommaria il locatore si era avvalso della clausola risolutiva espressa (art. 1456 cod. civ.) prevista in contratto, mentre nelle conclusioni aveva richiesto la convalida dello sfratto; mutato il rito, egli non aveva depositato alcuna memoria integrativa. Perciò, nella fase a cognizione piena, rimanendo fermo quanto chiesto in precedenza, la domanda attorea poteva qualificarsi come risoluzione per inadempimento contrattuale (art. 1453 cod. civ.), poiché già implicitamente contenuta nell’iniziale richiesta di convalida;
- sul versante probatorio, come da consolidato orientamento della Corte di Cassazione, al locatore era sufficiente depositare il contratto di locazione debitamente registrato e dedurre l’inadempimento del conduttore; a quel punto spettava al conduttore provare l’avvenuto adempimento (ossia, il pagamento) o altro fatto estintivo dell’obbligazione a suo carico;
- da parte sua, il conduttore aveva tempestivamente eccepito e documentato che alcuni canoni erano prescritti; che altri canoni erano stati pagati prima ancora dell’intimazione di sfratto; e che l’Iva sui canoni non era dovuta, alla luce del regime fiscale applicabile al rapporto;
- inoltre, altri canoni erano stati tempestivamente pagati nella fase sommaria, dopo l’ordine del Giudice;
- il locatore non aveva precisato, come era suo onere, quali altri canoni fossero rimasti asseritamente impagati dopo il mutamento del rito; e comunque il conduttore aveva documentato i pagamenti successivi al mutamento;
- perciò, operati i necessari conteggi, a carico del conduttore era accertato un debito residuo di 3.000 euro in conto capitale (a fronte degli oltre 30.000 euro inizialmente richiesti dal locatore); e tale inadempimento non era sufficientemente grave da giustificare la risoluzione contrattuale.
La sentenza, seppur implicitamente, mostra di applicare la regola generale sancita dall’art. 1455 cod. civ., che esclude la risoluzione del contratto se l’inadempimento di una delle parti ha scarsa importanza, avuto riguardo all’interesse dell’altra.
Proprio in questo senso, mentre nelle locazioni abitative la gravità dell’inadempimento del conduttore è predeterminata per legge (art. 5 l. 392/1978), nelle locazioni non abitative la valutazione sulla gravità è invece rimessa al concreto apprezzamento del Giudice.
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