Obbligo alimentare e assegno provvisorio
Come noto, gli alimenti legali (artt. 433 e ss. cod. civ.) consistono in prestazioni di assistenza materiale a favore di chi si trova in stato di bisogno, previste dalla legge e fondate sul principio di solidarietà familiare. Essi spettano a chi non è in grado di provvedere al proprio mantenimento (art. 438), ad esempio per invalidità al lavoro o incolpevole impossibilità di reperire occupazione.
Il Codice Civile determina tassativamente le persone obbligate agli alimenti, prevedendo un ordine gradato: il coniuge; i figli (e, in loro mancanza, i discendenti); i genitori (e, in loro mancanza, gli ascendenti); i generi e le nuore; il suocero e la suocera; i fratelli e le sorelle (art. 433). Ciò comporta che l’obbligo a carico dei soggetti di grado anteriore esclude quelli chiamati in grado posteriore (art. 441).
Gli alimenti sono somministrati, a scelta dell’obbligato, mediante assegni alimentari oppure accogliendo e mantenendo nella propria casa colui che vi ha diritto; ma l’autorità giudiziaria può determinare il modo della loro somministrazione, secondo le circostanze (art. 443).
Essi devono essere assegnati in proporzione del bisogno di chi li domanda e delle condizioni economiche dell’obbligato; tuttavia non devono superare quanto sia necessario per la vita dell’alimentando, avuto riguardo alla sua posizione sociale (art. 438). Tra fratelli, sono limitati nella misura dello stretto necessario (art. 439).
In casi di urgente necessità, che non consente di attendere i tempi di un giudizio ordinario, il Presidente del Tribunale può concedere un assegno provvisorio (art. 446), proprio come accadeva nel procedimento cautelare in commento, deciso dal Tribunale di Vicenza.
In particolare, tramite il proprio amministratore di sostegno, l’alimentando conveniva in giudizio l’ex coniuge divorziata, la figlia, il padre, il genero, l’ex suocera, i due fratelli e la sorella, chiedendo un assegno alimentare provvisorio. I convenuti – tranne l’ex suocera e un fratello – si costituivano nel procedimento, opponendosi alla domanda.
Trattata la causa, con ordinanza del 24 luglio 2017 il Tribunale concedeva l’assegno provvisorio e lo poneva a carico della figlia.
In sintesi, secondo il Giudice:
- lo stato di bisogno e l’impossibilità dell’attore di provvedere al proprio mantenimento risultavano dal decreto di apertura dell’amministrazione di sostegno;
- dagli obbligati andava esclusa l’ex moglie poiché, come confermato dalla Corte di Cassazione, col divorzio cessa l’obbligo di mantenimento o alimentare;
- proseguendo nell’ordine di legge, la successiva obbligata risultava la figlia, a carico della quale andava dunque posto l’assegno provvisorio, con esclusione di tutti gli altri convenuti;
- considerate le circostanze concrete, la somma mensile richiesta andava però ridotta, poiché in giudizio era emerso che l’alimentando viveva in comodato gratuito in un’abitazione messa a disposizione dal padre, con pasti pagati da un fratello, non doveva pagare le utenze domestiche e svolgeva piccoli lavori saltuari; perciò, anche considerati il reddito e il carico familiare della figlia, l’assegno provvisorio andava limitato a quanto occorrente per l’acquisto di generi alimentari e di capi di vestiario.
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