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Scioglimento anticipato di società a responsabilità limitata e azione di responsabilità contro gli amministratori.

Scioglimento anticipato di società a responsabilità limitata e azione di responsabilità contro gli amministratori.

In un precedente articolo abbiamo presentato la sentenza n. 788/2017 del Tribunale di Vicenza, in tema di impugnazione della delibera di scioglimento anticipato di una s.r.l., nonché di azione individuale di responsabilità contro gli ex amministratori.

Ebbene, il caso proseguiva anche in secondo grado, poiché il socio – che era rimasto assente in assemblea e aveva promosso la causa – impugnava la pronuncia di rigetto avanti la Corte d’Appello di Venezia.

È dunque interessante dare conto della sentenza n. 2100 del 26 agosto 2020, qui allegata, con cui la Corte respingeva l’impugnazione, confermando la sentenza di primo grado e condannando l’appellante al pagamento delle spese di causa.

In particolare, la Corte riesaminava due delle tesi sostenute dal soccombente:


  1. Le informazioni contenute nella convocazione dell’assemblea sarebbero state insufficienti, mancando inoltre una relazione degli amministratori sulla situazione patrimoniale della società; con la conseguenza che la delibera sarebbe stata invalida, e la società si sarebbe dovuta considerare come mai sciolta;
  2. Prima dello scioglimento gli amministratori avrebbero venduto immobili della società a prezzi inferiori a quelli di mercato, o a prezzi superiori rispetto a quanto indicato negli atti notarili, gestendo una doppia contabilità; ciò avrebbe cagionato al socio un danno meritevole di risarcimento, tanto più che tali condotte rivestirebbero gli estremi dell’illecito penale, e che la società era stata liquidata e cancellata dal registro delle imprese.

Come in primo grado, le domande del socio venivano contrastate dagli amministratori.

La Corte d’Appello dava ragione a questi ultimi, confermando le valutazioni del Tribunale.

In sintesi, le due questioni giuridiche vengono così approfondite:

A) L’art. 2479-ter, comma 3, cod. civ. consente al socio di impugnare le delibere assembleari nel termine “lungo” triennale (anziché nei 90 giorni previsti dall’art. 2479-ter, comma 1, cod. civ.), ma solo nel caso di «assenza assoluta di informazione».

Occorreva dunque che l’informazione al socio fosse stata totalmente assente, e non già semplicemente carente o insufficiente.

Al contrario, nel caso concreto la convocazione dell’assemblea risultava regolare, e l’ordine del giorno chiaro, cosicché il socio era certamente informato. Di conseguenza, avendo egli promosso il giudizio oltre i 90 giorni, la domanda era tardiva e meritevole di rigetto.

B) In tema di azione individuale di responsabilità contro gli amministratori, l’art. 2476, comma 6, cod. civ. richiede lo specifico requisito del danno cagionato «direttamente» al socio.

Anche ipotizzando che le condotte degli amministratori integrino gli estremi del reato, il quadro normativo civilistico non cambia, e dunque rimangono ferme anche le precise condizioni fissate dal codice civile, compreso il limite del danno diretto.

In astratto le operazioni criticate dal socio potevano incidere sul patrimonio della società, ma solo indirettamente, di riflesso, sul patrimonio dei soci (sotto forma di eventuale lesione dell’aspettativa agli utili, di diminuzione del valore della partecipazione o della distribuzione finale dell’attivo); dunque anche solo per questa ragione la domanda risarcitoria era da considerarsi infondata.

Né, d’altra parte, lo scioglimento e la cancellazione della società dal registro delle imprese valeva a far venir meno il requisito del danno diretto.

In ogni caso, nel corso del processo non si era raggiunta prova della condotta illecita degli amministratori; l’accusa era rimasta senza riscontri concreti. Perciò la domanda risarcitoria non meritava accoglimento.

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