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Responsabilità di amministratori, sindaci e revisori di s.p.a., rinuncia all’azione e clausola compromissoria

Responsabilità di amministratori, sindaci e revisori di s.p.a., rinuncia all’azione e clausola compromissoria

Nel luglio 2018 una s.p.a. (in seguito trasformata in s.r.l. e posta in liquidazione) citava avanti il Tribunale di Milano, sezione specializzata per le imprese, otto ex amministratori, cinque ex sindaci e due ex revisori dei conti, lamentando gravi irregolarità gestorie e di controllo, e rivendicando nei loro confronti il risarcimento, milionario, del danno subìto.

I convenuti si costituivano in giudizio contestando a vario titolo le domande della società e chiamando in causa i rispettivi assicuratori per la responsabilità civile professionale.

Instaurato il contraddittorio, il Giudice istruttore rimetteva subito la causa al collegio, per decidere sulle eccezioni preliminari sollevate dai convenuti e dai terzi chiamati.

Con la sentenza n. 6793 del 04/08/2022, qui pubblicata, il Tribunale rigettava le domande nei confronti di otto convenuti, si dichiarava incompetente a decidere le domande nei confronti di un altro convenuto (in forza di clausola arbitrale contenuta nello statuto societario previgente) e disponeva la prosecuzione del processo nei confronti dei rimanenti quattro.

La pronuncia affronta interessanti questioni di natura processuale e sostanziale, che possono così compendiarsi:

A) Con delibera dell’aprile 2016, l’assemblea dei soci aveva rinunciato all’azione di responsabilità nei confronti della maggior parte degli amministratori e sindaci; dunque la successiva domanda giudiziale nei loro confronti era incompatibile con tale rinuncia, e meritava il rigetto.

In particolare la rinuncia, sebbene di tenore letterale onnicomprensivo, non era affatto generica o indeterminata. Infatti: (1) il riferimento, in delibera, a «le condotte poste in essere in costanza della carica ricoperta» era sufficientemente chiaro; (2) la delibera era approvata il giorno prima della cessione delle quote (a una società di diritto lussemburghese) da parte della unica socia dell’attrice, all’esito di approfondite analisi e trattative, cosicché l’attrice non poteva dirsi all’oscuro della propria situazione economico-finanziaria; (3) i diritti risarcitori oggetto di rinuncia erano già sorti al momento della delibera. Perciò la rinuncia era pienamente valida.

B) Due amministratori (non beneficiari della rinuncia all’azione di responsabilità) sollevavano eccezione di incompetenza, poiché lo statuto societario previgente contemplava una clausola compromissoria che devolveva agli arbitri – sottraendola all’Autorità Giudiziaria – la risoluzione delle controversie aventi ad oggetto i rapporti sociali.

Per un amministratore l’eccezione era giudicata fondata, e dunque il Tribunale si dichiarava incompetente. A nulla valeva il fatto che, dopo le dimissioni dell’amministratore, la clausola compromissoria fosse stata soppressa, poiché la validità e l’efficacia della clausola andavano rapportate al periodo di permanenza nella carica.

Per il secondo amministratore, invece, l’eccezione era giudicata infondata. Difatti contro quest’ultimo, nel febbraio 2018, l’attrice aveva instaurato un procedimento arbitrale, che poi non aveva avuto corso, non essendo state versate alla Camera Arbitrale le spese richieste. Perciò le parti non erano più vincolate alla convenzione di arbitrato (art. 816 septies, secondo comma, cod. proc. civ.), con conseguente competenza del Tribunale.

C) In conclusione, il Tribunale disponeva la prosecuzione della causa nei confronti dei soli convenuti non beneficiati dalla rinuncia né coperti dalla clausola compromissoria, nonché dei relativi assicuratori.

D) La società veniva condannata a pagare le spese di lite, sia favore dei convenuti vittoriosi che dei relativi assicuratori, come da consolidato orientamento di Cassazione. Infatti la chiamata in causa degli assicuratori era da considerare un’iniziativa processuale non arbitraria, bensì giustificata dalla domanda della società.


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